domenica 2 febbraio 2014

L'Immobilismo Costruttivo Demolitore


Londra - Oggi parliamo di immobilismo, di costruzione e di demolizione.
Anzi parliamo di "immobilismo costruttivo demolitore"

L'ho scritto ieri commentando un post scritto su Facebook dal mio amico livornese, del Gabbro per la precisione, Gianluca.

Perchè ho scritto d'impeto questo?
Perchè sono, secondo me, le tre parole racchiudono meglio di altre, l'attuale situazione italiana.
Immobile significa fermo.

Diceva San Bernardo che: "Chi non si cura di progredire di virtù in virtù, sappia bene, chiunque egli sia, che è fermo, anzi addirittura retrocede, poiché nelle vie dello spirito non andare avanti equivale ad andare indietro."

L'Italia è prima di tutto questa: ferma, immobile.
Crede che se rimane ferma ed attende segnali per andare avanti riuscirà poi a ripercorrere il cammino che aveva intrapreso.

Invece, oggi più che mai, rimanere fermi significa retrocedere, andare indietro.
Andare indietro nella vita quotidiana, nell'economia, nella cultura, nella politica.

Costruttivo, perchè ci sono delle persone, partiti politici, movimenti, organizzazioni che costruiscono l'immobilismo. Lo costruiscono il loro poco essere e molto apparire.
Per la loro incapacità di scegliere, di prendere decisioni, anche dure, ma necessarie per far progredire un popolo una società.

Demolitore perchè distrugge e demolisce anni, decenni, secoli di storia, di cultura, di speranza. Demolisce proprio la speranza di riuscire, demolisce le nuove generazioni che si affacciano alla prova di gestire il nostro Paese.
Le nuove generazioni sono demolite dentro perchè hanno, grazie ad internet ed alle altre tecnologie, l'opportunità di analizzare altre società, altri popoli, e fare paragoni con i loro coetanei.
E le differenze sono tante.

E la voglia di fuggire dall'Italia, prima fra tutte mia figlia, e non posso darle torto perchè sono fuggito prima io, è il sintomo della demolizione del proprio essere italiani.

Ma siamo italiani nell'anima, nel nostro dna scorre il sangue di un popolo, sebbene sempre diviso, ma accumunato da valori che superano i confini dei comuni e delle regioni.
Primo fra tutti il valore della solidarietà.
E non possiamo tirarci indietro.

Per questo credo che l'Immobilismo Costruttivo Demolitore è una piaga, una malattia subdola che ha preso la società italiana e che deve essere combattuta e curata.

Come? Con l'impegno da parte di tutti, da qualsiasi parte del mondo si viva, e con un solo scopo.

Quello di far essere di nuovo l'Italia la patria del "Dinamismo Edificante Creativo".

Di questo parleremo in un'altra lettera al mondo.


Riccardo Cacelli
Londra, London Bridge mattina del 2 febbraio 2014

lunedì 13 gennaio 2014

La philophobia, quando l'anima affoga credendo di nuotare


Cari amici,
in questa mia ultima, ma non ultima lettera al mondo, parlerò della philophobia.

Anche se non sono un medico.

E’ una vera e propria malattia.

La philophobia è subdola, è una patologia della psiche e dell’anima.
Chi ne è colpito non se ne accorge, non lo percepisce.
La percepisce la persona che le sta al suo fianco. E la percepisce dopo giorni e giorni.
Senza nessun sintomo premonitore. Esplode implacabile ed improvvisa.
Poi dilaga. Dilaga nella vita quotidiana, dilaga nell’anima, dilaga nel cuore.

E dilaga anche nella persona che non ne è colpita.
Perché non capisce. Perché non comprende il comportamento tenuto dall’altra.
E cerca di trovare dentro di se una risposta che non trova.
Che non troverà, se non dopo giorni e giorni.

Invece per la persona affetta da philophobia è una cosa normale fuggire, scappare, isolarsi, abbandonare un rapporto già solido oppure in fase di costruzione.

Proprio un rapporto in fase di costruzione è quello a maggior rischio.
E’ quello soggetto all’attacco più duro.
Perché potrebbe essere l’unico rapporto in grado di sconfiggere definitivamente la philophobia. Cancellare per sempre dalla mente e dall’anima della persona la voglia di scappare, cancellare la paura di essere nuovamente abbandonata, cancellare l’ansia di non riuscere ad amare.

La guerra contro la philophobia è dura e difficile da combattere perché la mente dice una cosa ed il cuore ne dice un’altra. Perché un equilibrio non esiste. Perché vedi l’altra persona che si sta allontanando e sai, dopo giorni e giorni di meditazione, quali sono i motivi del suo comportamento.

Cerchi delle “terapie” ma non sono accettate dall’altra persona: non vuole “guarire”.

La paura le ha preso il sopravvento, le manca il coraggio di mettersi alla prova per superare se stessa, le subentra la ricerca di un desiderio di libertà  ma che poi non è altro che un ulteriore gradino verso le parti basse della propria esistenza.

Quando scrive, se scrive; quando parla se parla, ti accorgi delle contraddizioni del suo pensiero con i fatti che compie.
E queste contraddizioni, che non le puoi analizzare con lei perché sarebbero un’arma in più per la malattia, ti fanno male, molto male.

Provi a spiegarti ad aprirti. Ma è peggio. Solo peggio.
Ed allora quella persona scappa. Diventa introvabile.

E scappando crede di raggiungere la libertà.
Invece raggiunge solo un piano più basso del grattacielo della sua vita.  
Invece di innalzarsi, si abbassa.
Invece di migliorarsi, peggiora.
Invece di provare a vivere con la persona giusta, potrebbe rifugiarsi dopo con la persona sbagliata.

Dicevamo che crede di  essere libera.
Invece la libertà vera è quella di amare, esseri liberi di amare.

La persona philophobica non è libera di amare perché è prigioniera inconsapevole di un passato, è l’ostaggio, non sapendo di esserlo, di esperienze che la tengono stretta in un abbraccio mortale.

E’ insomma una persona con delle catene, che non le sente e che non le pesano

Le sente solo chi la ama. 
Chi la capisce.  

Non so quale sia la “terapia” giusta. 
Non credo ce ne sia.

Cari amici,

vi auguro di non combattere mai una guerra contro la philophobia.

Riccardo Cacelli
Londra, 10 gennaio 2014, City Hall